giovedì 10 ottobre 2013

Waiting

No. 
Non mi sono arresa, 
sto solo riposando.

Riposo e aspetto. 

La quiete prima della tempesta.

lunedì 17 giugno 2013

Rabbia e perdono

Non si perdona mai abbastanza, ma si dimentica troppo.
Anne Sophie Swetchine



Nell'analizzare i svariati comportamenti che mi contraddistinguono nell'ultimo periodo, mi sono accorta di essere colma di rabbia. Non c'è un motivo specifico o un unico bersaglio verso cui è indirizzata. Potrei dire che è verso qualcuno di specifico; o del periodo storico poco proficuo professionalmente, in cui mi ritrovo ad annaspare; oppure potrei indirizzarla verso il senso di vuoto e paura che spesso contemplo come affacciata su un precipizio, eppure tutto ciò, è solo una piccolissima parte.
Credo che sia la somma totalitaria di 28 anni di sventure. Non che io sia stata sempre sfortunata o che altro, anzi, ho avuto moltissimi momenti belli e felici che conservo con cura. Ma quelli che sono stati i momenti più duri, oltre ad aver contribuito a rafforzare quella corazza che ogni essere umano con un poco di buon senso s'è costruito attorno, han fatto in modo da lasciarmi dentro molta rabbia. Che sommata tutta assieme è qualcosa che mi fa veramente paura.
Sono difficile ad arrabbiarmi, di solito m'innervosisco, m'infervoro un po' e poi passa. Niente che mi renda una pazza iraconda, che diventa verde e si strappa gli abiti. Quelli sono episodi veramente, ma veramente rari... Poche persone ci riescono, e di solito passano anni tra uno scatto e l'altro. Mi sta bene così, non amo infuriarmi. Ma sto divangando, non è quella il tipo di rabbia che so di covare.
Quello di cui parlo è più infido, striscia sotto pelle come un veleno, non nuoce, non subito almeno, ma a lungo termine. E' la somma di tutta la "non rabbia" che accumulo, di tutti i torti, di tutte le ferite, di tutte le lacrime, di tutto il sangue. E' lì, e striscia, è un essere senziente che vive sotto la mia pelle e che ultimamente striscia fuori durante le tempore, rendendomi una banshee scatenata, una furia che grida vendetta, un'arpia nella perfetta personificazione di una tempesta. E nelle macellerie, mi scateno. Sangue chiama sangue dicono, e io ci squazzo costi quel che costi.
Ne esco esausta, ma per niente sfogata. La rabbia non si placa, ma torna ad assopirsi e ad accrescersi. Abbastanza frustrante, aggiungerei.
Nel concludere determinati ragionamenti su cosa, come e perché questo strano fenomeno si determina e manifesta, mi viene solo da pensare che no, io non so perdonare, dimentico il torto, dimentico la ferita, dimentico le lacrime, il sangue. Gli eventi scatenanti si disperdono nella mia mente, tanto da non rammentarli più. Tanto da non sapere qual'è stata la causa che ne ha determinato l'evento. Sparito completamente dalla mia mente, resta solo l'ira.
No, probabilmente io non so perdonare. Dimentico come panacea. Ma non ho mai imparato come si perdona. Ed è una mancanza a cui devo al più presto far fronte. Una mancanza che, adesso mi rendo conto, è davvero molto grave.


Dio mi perdonerà, è il suo mestiere.
Heinrich Heine